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Marzo 29 2024

Rapporto DIA: nel brindisino torna in auge la Sacra Corona Unita

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E’ stata depositata due giorni fa in Parlamento la relazione della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) riferita al primo semestre del 2018.

Il quadro della criminalità che emerge dal dossier, provincia per provincia, racconta di una mafia ancora in ottima salute e pronta a mettere le mani sui settori più redditizi dell’economia, oltre a continuare ad esercitare le attività delinquenziali più remunerative come il traffico di sostanze stupefacenti e il racket estorsivo.

Nel dossier si parla di un ritorno in auge della Sacra Corona Unita, diffusa soprattutto nelle provincia di Brindisi, e del ruolo sempre più predominante e apicale assunto dalle donne nelle organizzazioni criminali.

Stando al rapporto della Dia, in provincia di Brindisi, nei primi sei mesi del 2018, «dopo una fase di turbolenza registrata nel corso del 2017 (connotata da intimidazioni, conflitti a fuoco e ferimenti tra bande rivali) sembra essere tornata una situazione di apparente stabilità, grazie all’importante opera di prevenzione e repressione operata dalle Forze di Polizia e dalla Magistratura».

Le evidenze investigative del semestre hanno ulteriormente comprovato in provincia di Brindisi «l’intesa criminale raggiunta dai due maggiori e predominanti schieramenti (un tempo contrapposti): i mesagnesi (Rogoli, Campana, Vitale, Pasimeni, Vicentino) attivi in molti comuni dell’hinterland brindisino e i tuturanesi (gruppo Buccarella). La leadership criminale dei mesagnesi- continua il dossier– trova conferma negli esiti dell’operazione “Oltre le Mura” che ha smantellato la linea di comando di una nuova cellula di matrice mafiosa criminale, nata nel luglio del 2017 ed in contatto con alcuni esponenti di vertice della criminalità organizzata leccese (consorteria PEPE). L’inchiesta ha svelato l’autorevolezza degli ordini e delle disposizioni emanate da due boss detenuti, già organici alla vecchia Sacra Corona Unita mesagnese, capaci anche di colloquiare epistolarmente con detenuti di altri istituti penitenziari italiani, attribuendo loro l’investitura mafiosa e, in alcuni casi, sancendone l’affiliazione. La forte carica d’intimidazione e del ricostituito sodalizio era finalizzata all’esercizio, in regime di monopolio, di attività illecite tra le quali il traffico di sostanze stupefacenti e le estorsioni in danno di varie attività imprenditoriali operanti nel settore ittico e nella gestione dei parcheggi».

Nel rapporto della Da si parla poi del sodalizio tra criminalità pugliese ed albanese nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti che arrivano nel nostro Paese attraverso il canale d’Otranto. A dimostrazione di ciò vengono citate numerose operazioni come “Musa Nera”, “Tunder” e “Bogotà”, volte proprio a sgominare il traffico di droga tra il Salento e il Paese delle Aquile.

«L’inchiesta “Tunder”– si legge nel rapporto della Dia- ha evidenziato inoltre la sussistenza dei rapporti intercorrenti tra alcuni criminali salentini ed esponenti della criminalità organizzata siciliana, ove i primi garantivano ai secondi importanti forniture di marijuana, ricevendone in cambio analoghi quantitativi di hashish, evidentemente di più facile reperimento sul mercato siciliano, grazie alla vicinanza geografica con i paesi maghrebini».

Un’altra fonte di arricchimento illecito della criminalità organizzata brindisina, ma anche di quella di tutte le province pugliesi, con particolare recrudescenza nel foggiano, è rappresentata dall’annoso fenomeno del racket estorsivo, come dimostrano «i numerosi episodi incendiari e danneggiamenti perpetrati ai danni di capannoni industriali, aziende commerciali e locali notturni, dai furti con la tecnica del cosiddetto ‘cavallo di ritorno’ in danno di automobilisti e imprenditori».

Un altro fenomeno in espansione nel brindisino, citato nel dossier, è l’imposizione ai proprietari e gestori di stabilimenti balneari e locali notturni, durante la stagione estiva, di servizi di security e guardiania gestiti dalla criminalità organizzata.

Il rapporto della Dia sottolinea inoltre il ruolo preponderante e strategico assunto negli ultimi tempi dal porto di Brindisi, divenuto «approdo per introdurre nel territorio italiano non solo sostanze stupefacenti e tabacchi esteri di contrabbando, ma anche di merci riportanti etichette e segni mendaci commercializzati come prodotti Made in Italy».

Il rapporto sulla provincia di Brindisi si conclude con la constatazione che anche la criminalità brindisina ultimamente si è orientata al «controllo del settore dei videogiochi a noleggio e la fornitura di slot machine e video lottery, nonché alla gestione dei servizi connessi alle scommesse, con notevoli flussi di cassa».

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