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Ottobre 14 2024

Coronavirus, Fase 2 e “sindrome della capanna”: difficile per tanti tornare alla propria quotidianità

Definita come la “sindrome della capanna”, la difficoltà di tornare alla normalità affligge circa 1milione di italiani. Il presidente dell’ordine degli Psicologi pugliesi: «Il supporto psicologico può dare risposte adeguate»

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La difficoltà di tornare alla normalità, definita come “sindrome della capanna”, o “del prigioniero”, affligge dall’inizio della Fase 2 circa 1milione di italiani. Se il ritorno alle attività quotidiane, con l’interruzione dello smart working o il rientro al lavoro, rappresenta una data attesa con entusiasmo da molti, per tanti altri rappresenta infatti un passaggio molto stressante a livello emotivo.

Non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale, è più una condizione di disagio che si associa normalmente a un periodo di lungo isolamento come quello che abbiamo vissuto a causa dell’emergenza pandemica. A parlarne sono stati gli psicologi di tutto il mondo, tra cui anche quelli pugliesi che, attraverso una nota del presidente dell’ordine regionale Vincenzo Gesualdo, invitano i cittadini in difficoltà a parlarne con uno specialista.

«Uscire da una condizione di protezione, da una sensazione di sicurezza e positività che è sotto il nostro diretto controllo e affrontare una realtà completamente diversa fuori e dentro casa può causare un notevole stress, oltre a spaventare moltissimo e frenare le normali attività di socializzazione», afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi della regione Puglia Vincenzo Gesualdo. Sono tante le persone che hanno quasi paura di uscire e riaffrontare la quotidianità conosciuta prima del Coronavirus, e la maggior parte non ne parla con nessuno per non infrangere il muro solido dell’agognato ritorno alla normalità.

«Se abbiamo imparato a gestire il nostro tempo e le nostre emozioni in quarantena – continua Gesualdo – dobbiamo anche imparare a portare con noi queste conoscenze appena acquisite, e a chiedere aiuto qualora la quotidianità iniziasse a diventare insopportabile. Mancando segnali evidenti di pericolo, la difficoltà maggiore che incontreremo sarà quella di mantenere uno stato di tensione emotivo alto durante le nostre giornate. Dal prestare attenzione all’incontro con l’altro, al ritorno alle abitudini lavorative, saremo immersi in un contesto nuovo col quale dover fare i conti. Un contesto non solo sociale, ma anche psicosomatico differente. In queste settimane in tanti hanno avuto modo di fare esperienza personale di stati d’ansia, disturbi del sonno, sospetti di personalità paranoide. Sono situazioni cliniche alle quali si va incontro durante i periodi di maggiore esposizione ad angoscia o squilibri emotivi.

Sarà fondamentale sforzarsi di centrare la nostra capacità di riconoscere il malessere – conclude Gesualdo –  e imparare a chiedere aiuto nei tempi opportuni, senza abbandonarsi al disagio. Il supporto psicologico può dare risposte adeguate».

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