Il crollo del ponte Morandi a Genova ha riportato brutalmente l’attenzione sullo stato attuale in cui versano le infrastrutture italiane.
L’immane tragedia in cui hanno perso la vita trentotto persone (bilancio purtroppo ancora provvisorio) è solo l’ultima inaccettabile sciagura che riguarda un sistema di infrastrutture stradali oramai al collasso.
Il Codacons, il coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti dei consumatori, ha provato a stilare un elenco sullo stato delle infrastrutture italiane individuando quelle da tenere urgentemente sotto controllo perché considerate particolarmente a rischio.
Da nord a sud la penisola italiana è ricca di ponti e viadotti che sono stati costruiti tra il 1955 e il 1980, come il ponte Morandi che fu inaugurato nel settembre del 1967. Sono decine di migliaia i ponti in calcestruzzo armato che, a quanto afferma l’Istituto di Tecnologia delle Costruzioni del Cnr, «hanno superato oggi la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti».
Uno dei problemi è che in Italia non esiste alcun registro che censisca e mappi tutti i ponti, i viadotti e i cavalcavia, così come non è contemplato, come invece previsto dal Codice della strada, il “Catasto nazionale delle strade“.
Dopo il crollo del ponte Morandi si sono moltiplicate le allarmate segnalazioni da parte di cittadini e automobilisti che parlano di ponti e viadotti che presentano situazioni di pericolo. Al di là della comprensibile psicosi seguita alla catastrofe, le segnalazioni in molti casi sono più che fondate. Nell’elenco stilato dal Codacons sui ponti e viadotti di cui andrebbe al più verificata la sicurezza ce n’è anche uno in Puglia. E’ il viadotto sulla Strada Statale 16 bis, a Trani, anch’esso costruito utilizzando calcestruzzo armato, che viene indicato dall’associazione dei consumatori come una delle infrastrutture che necessita di verifiche e indagini per accertarne la tenuta strutturale.
Tramite una nota il Codacons invita al «blocco dei mezzi pesanti su questo cavalcavia/viadotto per 30 giorni, così da dare modo ai tecnici di provvedere alle necessarie verifiche sullo stato e la sicurezza della struttura». L’associazione chiede inoltre«l’impiego del genio militare, non di privati, per realizzare a stretto giro le verifiche necessarie insieme ai gestori, così da minimizzare l’impatto sul traffico».