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Ostuni
Novembre 21 2024

In palestra

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Per combattere la mia tendenza alla sedentarietà, da qualche settimana sono iscritto in una palestra. Non è male, come routine, riempire il borsone, passeggiare per le strette vie cittadine, scendere le scale e immergersi in un’ora di macchine, pesi e tappetini. Tendo a stare sulle mie. Ceno con me stesso, non ho tanti amici. Perciò, anche in palestra, raramente mi riallaccio ai discorsi che si fanno. Sapete, i discorsi di tutti i giorni, come il prezzo della benzina alle stelle e questa guerra che non vuole finire.

Nell’orario in cui vado a esercitarmi, mi trovo spesso ad alternarmi agli attrezzi con un signore che deve avere la mia età (sono sui trentasei), ma che fa pesi da tanto, perché è molto grosso, pieno di muscoli. Vedo che porta con sé un foglio e, fra un esercizio e un altro, lo legge con attenzione. Immagino sia il suo programma d’allenamento.

Qualche giorno fa, il signore, spostando l’asciugamano dalla panca in modo disattento, ha fatto sì che il foglio volasse verso di me. Mi sono chinato per raccoglierlo e inavvertitamente, ma forse non troppo, ho letto parte del contenuto.

«Grazie» mi ha mormorato, tergendosi il sudore, senza darmi troppa attenzione. Ha ripreso il foglio e ha ricominciato coi suoi pesi, lasciandomi lì a invidiarlo un po’ (come sempre) per la sua forma fisica, ma anche a interrogarmi su quanto avevo letto.

Se siete di Ostuni, come me, sapete che non è male passeggiare, dopo un’ora di esercizio, lungo le strade che declinano verso le campagne, dove abito. Gli ulivi risplendono della luce del sole di luglio come fossero fatti d’oro e, quando poi viene la sera, il tramonto dietro le colline è un languido oceano d’arancio che fa sperare in un mondo migliore del nostro. So che alcune persone non fanno caso al tramonto, ma, ogni tanto, bisogna alzare lo sguardo.

Dopo la doccia, mi siedo al computer per rivedere a mente fredda il lavoro del giorno. Eccoci qui: un’altra scena sciatta, un’idea trita e tirata troppo per le lunghe, il solito congiuntivo sbagliato. L’uomo è ben poca cosa, qualsiasi cosa faccia. Almeno, io lo sono.

Rigirandomi nel letto, in attesa della gradita visita del dio del sonno, ripenso a quel foglio che ho letto in palestra.

Così passano le settimane, passano i giorni. Ogni tanto faccio caso a quel signore che, durante gli esercizi, legge da quel foglio di carta, movendo un po’ le labbra, chiedendomi se la mia curiosità sia soltanto professionale, o se i miei non siano che i soliti pensieri oziosi, buoni a rallentare per un po’ il ritmo del lavoro.

Per fortuna, o purtroppo, la città è piccola. L’altra sera, un mio amico è venuto dal nord. Siamo andati a goderci una passeggiata per il centro pieno di turisti. Siamo finiti nella villa comunale (il parco pubblico), molto affollata per via di un festival musicale. C’erano talenti locali, impegnati in cover e pezzi da loro prodotti. Ci siamo seduti al tavolino del bar, per prendere una bibita e contarci i fatti nostri, come gli ultimi libri letti, quel che pensiamo sui grandi eventi, i consigli reciproci per affrontare al meglio l’anno scolastico che ricomincia a settembre. Mentre bevo la mia coca, vedo quel signore della palestra spuntare dalla stretta porta del bar della villa. Cioè, sembra stretta perché, vestito di tutto punto, fuori dalla palestra, pare ancora più grosso. O forse perché, a produrre un effetto contrastante, tiene per mano due piccoli bambini, a cui ha preso i gelati.

Il mio amico s’è accorto che, alla vista di questa scena, mi sono commosso un poco. È una persona percettiva.

«Che hai?»

Allora, in barba alla privacy, gli ho spiegato il motivo

«Quel signore grande. Lo vedo ogni giorno in palestra.»

«È un tuo amico? Andiamo a salutarlo?»

«No, non ci conosciamo per davvero.»

«Però qualcosa in lui ti colpisce.»

Sospiro, sollevo il bicchiere, bevo un altro sorso e mi rassegno a raccontare la storia.

«Lo vedo sempre in palestra. Porta con sé un foglio spiegazzato, mentre fa gli esercizi.»

«Il programma d’allenamento, vorrai dire?»

«Sì. No. In un certo senso. Ho letto il foglio, per sbaglio. Non volevo farmi i fatti suoi, ma l’ho letto.»

«Che c’era scritto?»

«Mi pare il Credo di Nicea. E sicuramente il Padre nostro, l’Ave Maria e, credo, una di quelle preghiere degli Alcolisti anonimi.»

«Perciò prega mentre fa palestra?»

«Penso di sì. Non c’era scritto solo questo però.»

«Che altro?»

«In fondo al foglio, con una grafia infantile, c’era la frase: “Per non sbagliare di nuovo.”»

Le persone continuano a muoversi intorno a noi. La nostra conversazione, per un momento, si ferma, ma poi ricomincia. Così il mondo.

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Domenico Santoro
Domenico Santorohttps://domenicosantoro.art.blog/
Nato nel 1986 a Ostuni, dove risiede, laureato in scienze politiche e filosofia, scrive narrativa e poesia. Ha pubblicato poesie e racconti su la Repubblica (ed. Bari), A4, Grado Zero, Risme, Il paradiso degli orchi, Spore, L’ircocervo, Quaerere, Bomarscé, Voce del Verbo. Nel 2021 ha pubblicato un romanzo (“Il posto delle cose”) con Placebook Publishing. Il suo sito personale è domenicosantoro.art.blog.
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