spot_imgspot_imgspot_img
8.9 C
Ostuni
Dicembre 15 2024

Ruspe sul villaggio neolitico di Palese: sorgerà un complesso di villette

- Advertisement -

Le ragioni del mattone contro quelle dell’archeologia, della cultura e del buon senso.

Da qualche giorno le ruspe distruggono il sogno accarezzato da molti di realizzare un Parco archeologico Neolitico a Palese, un quartiere della Città Metropolitana di Bari, a pochi chilometri dal capoluogo pugliese.

Qui, già nel 2013, venne rinvenuto, mentre si scavava per costruire un complesso di villette, un insediamento neolitico, ritenuto, come si può leggere ancora sul sito della Direzione Generale Archeologia, che fa capo al Mibact- «uno dei più significativi della costa adriatica pugliese in quanto a estensione (4 ettari) e durata (VI-IV millennio avanti Cristo)». Di grande rilevanza, secondo molti esperti di fama internazionale, i reperti trovati all’interno del sito, tra cui alcune tombe scoperte e una statuetta rappresentante una dea madre. E poi ancora: fornaci perfettamente conservate, vasi e frammenti di ceramica neolitica e pavimenti in lastrine di pietra.

Dal momento del rinvenimento, considerato che il sito si trova su un suolo privato, è scattato un braccio di ferro, a colpi di carte bollate, denunce e sentenze delle magistratura, tra i proprietari del terreno, determinati a portare avanti il progetto edilizio e chi invece reclamava l’allestimento permanente di un Parco Archeologico. Si è formato un Comitato promotore dell’Arcipelago Neolitico Metropolitano, capeggiato dall’architetto Eugenio Lombardi, che si è speso fino all’ultimo, con grande passione civile, per impedire che le ruspe iniziassero a scavare. Tante le lettere inviate a istituzioni, enti pubblici, ministri ai Beni Culturali, per impedire la realizzazione del progetto edilizio. «Non abbiamo lasciato nulla di intentato,– ha raccontato l’architetto Lombardi ai nostri microfoni- ma abbiamo percorso tutte le strade disponibili per fermare le ruspe. Abbiamo perfino scritto alla Presidenza della Repubblica, ma a nulla è servito. Dopo quattro anni di impegno civico abbiamo perso la prima battaglia, ma non ci arrendiamo. Continueremo a lottare affinché qualcuno riesca a capire l’importanza di quello che è andato distrutto e fermi le ruspe perché l’intera aerea potrebbe nascondere altri tesori archeologici, che vanno protetti e fatti venire alla luce. In questi giorni– continua Eugenio Lombardi- ho ricevuto tante telefonate e attestati di solidarietà da tutte le parti del mondo e questo mi dà la forza di continuare la battaglia, che è una battaglia di tutti per difendere la nostra identità. Si parla tanto di Puglia come regina del turismo, ma l’attenzione alla cultura e all’immenso patrimonio che abbiamo la fortuna di possedere non viene valorizzata. Anzi, come è successo a Palese, viene cancellata».

Sul banco degli imputati per non aver impedito alle ruspe di entrare in azione la Soprintendenza e il Comune di Bari. L’assessore all’Urbanistica del capoluogo, Carla Tedesco, si difende affermando che il parere tecnico è di competenza esclusiva della Soprintendenza Archeologica, «unico ente competente e titolato a decidere se un sito è soggetto o meno a tutela archeologica».

C’è da aggiungere che l’intera aerea, di cui l’importanza archeologica è risaputa da molti anni, era stata sottoposta a vincolo archeologico indiretto nel 1999, ma una sentenza del Tar del 2006 lo aveva cancellato in seguito a un ricorso presentato da uno dei proprietari del suolo. Che l’intera aerea sia archeologicamente interessante è dimostrato dal rinvenimento di qualche settimana fa, nei pressi dell’aeroporto di Bari Palese, di un possibile tessuto abitativo di epoca neolitica.

La Soprintendenza al momento non si esprime sulla faccenda, ma qualche anno fa, si difese per bocca del soprintendente Luigi La Rocca, intervistato dal giornale online Barinedita nel dicembre del 2014, rassicurando per quanto riguarda la tutela dei reperti rinvenuti, «che sono stati asportati dal sito e portati nelle sedi opportune per essere studiati». Nella medesima intervista il soprintendente aggiungeva che i reperti rinvenuti a Palese non fossero altro che «una sequenza di pietre. I “pavimenti” sono ciottolati e quanto alle ceramiche, si tratta di frammenti di scarsa rilevanza».

Dal canto loro, i promotori del Parco Archeologico, confortati dal parere di eminenti archeologi, ribadiscono l’eccezionalità del sito neolitico, considerato soprattutto il tessuto integro delle pavimentazione abitative e dei selciati stradali rinvenuti.

Ieri, mercoledì 29 agosto, un ennesimo appello per interrompere i lavori è stato firmato da alcuni archeologi, architetti, urbanisti e docenti, tra cui Donato Coppola, il paletnologo ostunese che scoprì nel 1991 il reperto di “Ostuni 1”, la “Madre antica” di 28 mila anni fa.

Al di là della cancellazione di un patrimonio unico e irripetibile, seppellito ormai da cumuli di macerie, resta l’amarezza di non aver saputo difendere la ricchezza inestimabile di un passato che dimostriamo ancora una volta di non saper meritare.

Ricevi tutte le ultime notizie

Prova il nuovo canale Telegram gratuito di Ostuni News

- Advertisment -
- Advertisment -spot_img