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Ostuni
Ottobre 14 2024

‘Gli anni del silenzio’, la mafia locale raccontata da una scrittrice di Ostuni

Per alleggerire il peso di un’infanzia funestata dalla prematura perdita di entrambi i genitori, Doriana Pace scrive la sua biografia

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Una storia dolorosa, la propria, custodita in silenzio e raccontata tutta d’un fiato a trent’anni anni di distanza. Parlare di mafia non è mai facile, soprattutto quando si è vissuto sulla propria pelle l’aberrante crudeltà che è capace di generare. Doriana Pace è lo pseudonimo scelto dall’autrice ostunese de “Gli anni del silenzio”, autobiografia che ha rappresentato un esercizio catartico, la cui prefazione è stata curata da Don Luigi Ciotti.

Dopo trent’anni Doriana Pace racconta della perdita di entrambi i genitori quando era ancora solo una bambina. “La mafia ha ucciso mio padre e fatto sparire mia madre, e di lei, dopo la sua scomparsa, non ho avuto più nessuna notizia”, scrive l’autrice raccontando la sua storia di dolore e preoccupazione per un pericolo reale a cui non sapeva dare un nome.

Edito da Planet Book, “Gli anni del silenzio” racconta di incomprensione ed emarginazione perché, come dice l’autrice “la paura esiste e si nutre di noi”. Tra un padre sempre assente e una madre divisa tra crescere i propri figli e stare accanto all’uomo che amava e che aveva scelto come compagno di vita, l’autrice racconta di se stessa come di una bambina cresciuta troppo in fretta che, malgrado la campana di vetro sotto cui l’avevano posta i suoi genitori per proteggerla, veniva in contatto crescendo con un mondo orribile.

«La mafia ha ucciso mio padre e fatto sparire mia madre, e di lei, dopo la sua scomparsa, non ho avuto più nessuna notizia. Due vite interrotte – racconta l’autrice nel suo libro – li separavano solo undici mesi. Marzo 1990. Febbraio 1991. Un lutto che avrebbe portato a una profonda agonia, che solo nelle lacrime avrebbe trovato un po’ di consolazione. Questo cuore avrebbe lottato per rimarginare quelle indissolubili ferite».

Oltre al dolore per la perdita dei genitori, l’autrice racconta di essersi dovuta anche difendere dalle angherie e ingiustizie di quella gente che lei stessa definisce “bigotta”, che avrebbe calpestato la sua dignità di donna senza nessun rispetto per quel dolore, nemico dei suoi giorni.

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