“In queste ultime settimane chi a livello governativo o imprenditoriale è fautore dell’hub del gas in Italia e in Puglia, ricorre ad argomentazioni discutibili dal punto di vista tecnico o a vere e proprie fake news. Legambiente ha più volte dimostrato quali siano le cause dei ritardi e delle omissioni che hanno caratterizzato l’ultimo decennio. Si pensi soltanto al fatto che invece di raggiungere l’obiettivo minimo di 8 GW all’anno di nuovi impianti da fonti rinnovabili si è avuta appena una media di 0,8 GW”. A dirlo è il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, a proposito delle ultime notizie secondo cui l’Italia si sarebbe candidata, insieme alla Turchia, ad essere uno degli hub del gas per quanto riguarda il versante Mediterraneo dell’Europa.
Legambiente, WWF e Greenpeace, d’intesa recentemente anche con FAI, hanno tracciato tecnicamente la costruzione di una vera transizione verso le rinnovabili ma per quanto riguarda il liberarsi dalla dipendenza annua di 29 mld di metri cubi di gas russo, è dimostrato come esso possa essere raggiunto realizzando 40 GW di nuovi impianti da fonti rinnovabili in Italia.
A quei 29 mld, inizialmente, erano state legate scelte emergenziali in deroga a disposizioni di legge a tutela dell’ambiente e della salute pubblica, oltre che in deroga agli obiettivi di decarbonizzazione (uscita da tutti i combustibili fossili, e non solo dal carbone) fermo restando l’obiettivo del conseguimento dell’abbattimento del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e di neutralità climatica entro il 2050.
La guerra in Ucraina e la dipendenza dal gas russo, però, sono state un paravento per nascondere la scelta, oggi magnificata a livello governativo, di fare dell’Italia un hub del gas, da un lato potenziando o realizzando gasdotti e dall’altro stipulando accordi per la fornitura del ben più costoso GNL e per la costruzione di rigassificatori, fra i quali rientrano le due navi posizionate al largo di Ravenna e Piombino, ricorrendo a provvedimenti emergenziali e in assenza di Valutazione di Impatto Ambientale e dei rischi di incidente rilevante.
La Puglia è al centro di questa strategia di realizzazione dell’hub del gas attraverso un programmato raddoppio della portata del gasdotto TAP, fino a 20 mld di metri cubi di gas metano annui, attraverso la costruzione del gasdotto Poseidon per ulteriori 10 mld di metri cubi annui, attraverso un deposito costiero di GNL, gestito da Edison, nel porto di Brindisi, uno di GPL nel porto di Manfredonia e anche attraverso la riproposizione di trivellazioni sui fondali del mare Adriatico.
Tutte queste scelte hanno in comune il mancato rispetto di disposizioni di legge a tutela della salute e dell’ambiente e anche senza un confronto democratico con le realtà territoriali interessate. Legambiente ha più volte evidenziato come la Puglia possa essere al centro di un Hub italiano delle rinnovabili a cominciare dalla realizzazione di quel polo energetico delle rinnovabili che ENEL ha confermato di voler realizzare a Brindisi dismettendo l’esercizio della centrale termoelettrica di Cerano. Inoltre è stata già autorizzata la costruzione di uno stabilimento di pale eoliche innovative che, nella fase transitoria, produrrà 162 posti di lavoro. Ed è prevista la creazione di uno stabilimento in cui assemblare pannelli fotovoltaici e una filiera produttiva per accumulatori e componentistica. Oltre ad un investimento di Enel logistic per ottimizzare lo scalo intermodale fra trasporto merci su nave e su rotaia.
Se ciò non bastasse sono importanti gli insediamenti produttivi nelle ipotizzate Hydrogen Valley e la creazione di impianti agri fotovoltaici ed eolici in quelle aree idonee che, nel rispetto del PPTR, la regione Puglia tarda ad aggiornare.
Un discorso a parte meritano i parchi eolici offshore. Legambiente da tempo ha affermato la sua posizione favorevole rispetto a questi impianti, formalizzando le condizioni a cui richiamarsi attraverso le osservazioni trasmesse al Ministero dell’Ambiente, nell’ambito della fase di scoping per i procedimenti riguardanti i due parchi eolici proposti da Falck Renewables in Adriatico, al largo delle coste del Salento. Nel contempo l’associazione ha partecipato attivamente alla redazione nazionale della normativa e della regolamentazione inerenti le aree idonee riguardanti l’esame dei progetti di tali impianti.
“In Puglia, fra Adriatico e Ionio, sono possibili impianti eolici offshore che non siano concentrati in alcuni specchi di mare ma che rispecchiano quanto contenuto nelle osservazioni affidate al Ministero. – osserva il presidente di Legambiente Puglia, Ruggero Ronzulli – In particolare la presenza di un parco eolico offshore al largo dei porti pugliesi attrezzati per ospitare la cantieristica è possibile. Ad esempio nello Ionio per fornire parte dell’idrogeno richiesto nella riprogettazione di altiforni del siderurgico di Taranto. Stessa attenzione deve essere riportata per quel che riguarda i cavidotti di collegamento con la rete elettrica a terra. E nello specifico nel mare a sud di Brindisi, nei pressi del quale sarà realizzato lo stabilimento e dove è necessario stare attenti a non sovrapporre o interconnettere più progetti dal punto di vista tecnico e procedurale. Infine è indispensabile e prioritario, rispetto alla fase di VIA, un confronto democratico e partecipato con le Istituzioni e la popolazione dei territori interessati, a cominciare dai Sindaci e la popolazione del Salento. Un rapporto che Legambiente ha già avviato da diverso tempo”.