L’ordine degli architetti e l’ordine degli ingegneri di Brindisi producono una nota congiunta per esprimere il loro dissenso contro il decreto “cura Italia”, varato dal consiglio dei ministri tre giorni fa ed entrato in vigore da ieri, dopo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Esprimono sconforto e rabbia architetti ed ingegneri brindisini, convinti che si attuando nei confronti dei liberi professionisti, iscritti alle Casse di Previdenza Autonome, una discriminazione inaccettabile.
«Il decreto “cura Italia” non prende minimamente in considerazione queste categorie di professionisti – si legge nel testo della nota congiunta, sottoscritta da Serena Chiarelli, presidente dell’ordine degli architetti PPC e da Annalisa Formosi, presidente dell’ordine degli ingegneri – e la misura di sostegno al reddito che, attraverso il “Fondo per il reddito di ultima istanza”, prevede uno stanziamento di 300 milioni per il 2020, appare non definita nel dettaglio e comunque inadeguata in rapporto al numero dei liberi professionisti.
Occorrono, pertanto, nuove misure straordinarie e immediate di sostegno al reddito anche per i liberi professionisti già fortemente penalizzati dalle scelte operate dai governi durante gli ultimi 15 anni. I liberi professionisti dimenticati dal secreto “cura Italia” non stanno chiedendo un semplice palliativo allo Stato, né tantomeno l’elemosina, vogliono solo che vengano messe in campo tutte le misure necessarie per cercare di coprire i mancati introiti dovuti all’emergenza sanitaria del Covid-19.
Se da un lato si chiede, giustamente e doverosamente, di stare a casa, che risvolti ci saranno per la nostra professione? Diversi decreti e protocolli di sicurezza sono stati attuati, ma registriamo l’inadeguatezza di tali misure. Se prima dell’emergenza il settore edilizio era già in forte crisi, come si pensa che, una volta finita l’emergenza, il settore possa riprendere normalmente i suoi passi senza opportune misure? Il disastro è sotto gli occhi di tutti, disastro che nelle regioni meridionali, si è trasformato in un vero e proprio dramma sociale.
Sarebbe necessario ridurre la pressione fiscale ai liberi professionisti e cambiarne il sistema con opportune agevolazioni.
Si potrebbe partire dall’introduzione, per i liberi professionisti iscritti alle casse private con utili al di sotto dei 30mila euro, di un reddito di emergenza di 500 euro al mese per tutto il 2020; dalla reintroduzione delle tariffe minime professionali, a garanzia di pagamenti dignitosi e proporzionali al lavoro; dall’annullamento temporaneo delle tasse fino a 30 mila euro di utili; dalla sospensione delle fatture emesse e non pagate ad oggi, da un piano di investimenti di rilancio delle opere pubbliche.
L’Italia si è fermata – continua la nota – e noi liberi professionisti, dovendoci fermare, non possiamo lavorare e vivere del nostro lavoro con pesanti ricadute anche sulle nostre famiglie. Per questo desideriamo che, almeno una volta, ci sia una maggiore attenzione per i liberi professionisti, che non possono, magari svolgendo altro lavoro, sopperire o mediare alla mancanza di reddito da lavoro autonomo e che non godono di ferie retribuite e malattie pagate, di TFR, delle attrezzature d’ufficio e dei relativi canoni pagati dallo Stato o dal datore di lavoro, non godono di congedi parentali, ma soprattutto non godono della certezza di incassare i dovuti pagamenti.
In varie occasioni di emergenza, come terremoti, alluvioni e simili, lo Stato Italiano si è rivolto alle nostre figure professionali, singolarmente o attraverso i nostri organismi ordinistici e noi abbiamo risposto operando con grande competenza e professionalità, rendendo un qualificato servizio di pubblica utilità.
Ora siamo noi che chiediamo al Governo di fare uno sforzo – conclude la nota – deve venirci incontro e comprendere che l’intera categoria sta attraversando un momento molto difficile, che rischia il collasso se non si interviene prontamente».