Gli operatori sanitari sono la categoria più colpita dalla pandemia di Covid-19 in corso, per numero di infettati, malati e deceduti. In virtù di questa paradossale evidenza, la confederazione pugliese Cobas ritiene che la causa sia da ricondurre al ritardo con cui sono stati forniti i dispositivi di protezione individuale e nella successiva perdita di tempo sulla esecuzione dei tamponi a tutto il personale sanitario con argomenti contraddittori.
In una circolare del Dipartimento Salute della Regione Puglia del 21 marzo scorso a firma di Emiliano, Lopalco e Montanaro si legge: «al momento attuale l’ambiente assistenziale in Puglia rappresenta un’importante fonte di diffusione del virus SARC-COV2 dei 241 di cui abbiamo informazione sulla professione al momento 72 casi (29,8%) sono operatori sanitari. Questi operatori hanno potuto contrarre l‘infezione in comunità o durante l’attività lavorativa, ma il dato epidemiologico importante è rappresentato dal fatto che ben un terzo dei casi complessivi sono potenzialmente in considerazione di accendere focolai ospedalieri con potenzialità di diffusione comunitaria».
«A fronte di queste gravi affermazioni – si legge nella nota prodotta dalle sedi Cobas di Puglia – si nega il tampone a tutti e si relega a fatto quasi sperimentale il controllo degli anticorpi, procedura questa semplice e rapida che permette, insieme al tampone, di individuare quegli operatori che hanno superato l’infezione in modo asintomatico e sono quindi più tranquilli nella personale esposizione protetta».
La nota della confederazione Cobas Puglia, citando uno studio della Fondazione GIMBE, riporta: “Secondo i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss), in Italia dall’inizio dell’epidemia sono 4.824 i professionisti sanitari che hanno contratto un’infezione da coronavirus, pari al 9% del totale delle persone contagiate, una percentuale più che doppia rispetto a quella della coorte cinese dello studio pubblicato su JAMA (3,8%). Peraltro, a giudicare dalle innumerevoli narrative e dalla mancata esecuzione dei tamponi a tutti i professionisti e gli operatori sanitari, il numero ufficiale fornito dall’ISS è ampiamente sottostimato”.
Anche i rappresentanti dei medici di medicina generale lamentano la mancanza di mezzi di protezione individuale e manifestano preoccupazione per i casi di loro collegi ammalati. In Puglia si devono colmare subito i gravi ritardi nella tempistica dell’espletamento dei tamponi, che si presenta in regione a macchia di leopardo: poche ore al Policlinico di Bari, 36 ore nella provincia di Foggia, 4-5 giorni a Brindisi. Tempi che vanificano la funzione preventiva del test stesso soprattutto negli operatori sanitari.
«In questa situazione – continua la nota del Cobas – gli operatori sanitari esprimono preoccupazione per la personale protezione e per l’assistenza ai pazienti. Non servono eroi ma personale ben equipaggiato con la sicurezza che alle loro spalle c’è un sistema di controlli rapido e capace di verificare in ogni momento la condizione infettivologica loro e dei pazienti. Come in Veneto chiediamo tamponi rapidi per i sintomatici e per i loro contatti, come in Germania da oggi tamponi a tutti il personale della sanità.
La nostra impressione è che più che consulenti, servano attrezzature per test rapidi in tutta la regione, in più punti di essa per avere risposte veloci e in tempi significativi per le decisioni da prendere (quarantene, controllo sui contatti ecc). Deve finire immediatamente che gli ospedali siano il maggiore veicolo della diffusione del Coronavirus».