Da ieri il coprifuoco è slittato alle ore 23 ed è in corso la progressiva riapertura delle attività economiche sinora chiuse al pubblico. La scelta del Governo, che lunedì scorso ha approvato il nuovo decreto legge che prevede la riduzione delle restrizioni dettate dalla pandemia, è stata orientata dal calo dei contagi e dall’arrivo delle alte temperature, unitamente alla campagna d’immunizzazione della popolazione nazionale attualmente in corso.
Il presidente dell’Ordine degli psicologi di Puglia, Vincenzo Gesualdo, sottolinea un aspetto già trattato in precedenza: «Una misura politica mirata a distanziare le persone, impedendone la possibilità di uscire di casa, ha avuto certamente effetti psicologici che oggi, dopo quasi un e mezzo, hanno perso forza e potenza, specialmente in chi non è mai stato incline a seguire le regole».
Gesualdo, inoltre, ritiene che l’effetto deterrente del coprifuoco abbia alla lunga un approccio diverso in base alla percezione del rischio di ciascuna persona. «Chi ha una percezione del rischio molto alta dirà che la pandemia è molto rischiosa ma, avendo visto che le misure di protezione funzionano e rallentano il contagio, continuerà a comportarsi seguendo le regole del periodo più buio. L’essere umano è prima di tutto un essere emotivo – prosegue lo psicologo – e in questo contesto ci viene in aiuto l’euristica affettiva, una scorciatoia mentale che ci viene in soccorso per risolvere alcuni problemi che hanno un forte impatto con la nostra emotività, che è molto più potente di quanto immaginiamo. Non possiamo scegliere come sentirci, e quando le emozioni più complicate prendono il controllo, la realtà si complica».
In un momento in cui le curve dei contagi registrano un rallentamento e i toni del Governo e del mondo scientifico non sono più allarmistici, ma sempre prudenti, il coprifuoco potrebbe non avere lo stesso mordente sulle persone. «Del resto lo abbiamo visto in questi fine settimana: le città sono state travolte dalla folla e tra i tantissimi che ingolfavano strade e lungomari abbiamo potuto osservare che molti non indossavano le mascherine, percependo quindi un basso rischio. Il tutto è giocato sul piano dell’esperienza personale – conclude Gesualdo – ciascuno deciderà se buttarsi per riprendere una vita normale perché non ne può più, magari non avendo vissuto esperienze dolorose o se tornare a piccoli passi alla normalità, avendo vissuto in maniera traumatica il lockdown, mettendo in atto comportamenti che non rientrano più nelle direttive del Governo».