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Ostuni
Ottobre 18 2024

Halloween

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Il locale si stava via via riempiendo, per i festeggiamenti di Halloween, ma anche per la pioggia.

«E tu come ti chiameresti?» chiese la proprietaria, sollevando la benda nera da pirata, per vedere meglio la ragazza al bancone.

«September.»

«È il tuo nome d’arte?»

«No, è il mio nome vero» rispose.

«Ma dai? Sei inglese?»

«D’origini irlandesi. Il vino con gli occhi che galleggiano sembra buono» disse.

«Vorrai dire il disgustoso sangue umano…» rispose la barista vestita da pirata, sorridendo. Si era molto impegnata per preparare quel vin brûlé, in cui galleggiavano molti occhi. Servì un bicchiere alla ragazza, che indossava un bel maglioncino nero a collo alto, aveva un incarnato molto pallido e un caschetto di capelli corvini.

«September. Credo sia eccentrico anche per un’irlandese. Mi piace.»

«Pensa che ho due sorelle. Si chiamano Rain e Victoria.»

«Fantastico. Sono qui con te?»

«Nooo, loro sono serie. Lavorano anche oggi.»

«Spero il sangue sia sufficientemente disgustoso.»

«Non male» disse September, sorseggiando il suo vino caldo, appartandosi un poco nel suo posto, come a volersi godere lo spettacolo inosservata.

La barista andò ad aiutare un collega nel servire un vassoio di birre a un tavolone pieno di universitari che giocavano a Brivido. Ridevano e parlavano a voce alta. Il locale era addobbato con zucche e festoni che rappresentavano streghe, fantasmi e calderoni magici. C’era un palco dove una band si stava preparando per suonare.

«Scusami se non ti sto dietro» disse la barista, camminando sulla sua protesi (vera) fino al bancone. «Non prevedevo questo afflusso.»

«È per via della pioggia.»

«Tu aspetti qualcuno?»

«No, avevo solo voglia di travestirmi e uscire. Di solito vado in giro con Rain e Victoria, ma stasera non volevo lavorare. Loro dicono sempre che sono una debosciata.»

«Sei la più piccola, vero?»

«Sì.»

«Che tesoro. Però non mi hai detto da che cosa ti sei travestita.»

«Da essere umano.»

La barista rise.

«Perché, di solito cosa sei?»

«Un vampiro» rispose September, sorridendo; ma non troppo.

«Mi fai morire. Vieni più spesso a trovarci.»

«Posso fare io una domanda a te?»

«Spara» disse la pirata, arrotolandosi una sigaretta.

«Come fai a lavorare con quella?» chiese, riferendosi alla protesi.

«Ti abitui a tutto.»

«Io prima facevo la cameriera. Se vuoi posso aiutarvi.»

«Ti rovineresti la serata. Hai detto che non volevi lavorare.»

«Non ti preoccupare. Sono da sola. Così mi passa.»

«L’hai già fatto prima?»

«Era il mio vecchio lavoro.»

La donna guardò il suo tubicino di tabacco, poi il locale sempre più pieno di avventori travestiti in modo macabro… sospirò.

«Va bene. Sta’ dietro il bancone mentre vado a fumare.»

«Fantastico!» esclamò September, battendo le mani, andando dietro il bar. La barista si mise a confabulare brevemente col collega, un ragazzone in costume da Frankenstein, che alzò le spalle imbottite e continuò col lavoro.

September era evidentemente del mestiere. Spillava con rapidità le birre, serviva con gioia gli avventori (molti dei quali erano alquanto attratti dalla sua presenza al bancone…) ed era brava anche fra i tavoli.

«Anche tu non ti sei travestita?» chiese uno, grossomodo della stessa età dimostrata dalla ragazza, con pullover e occhialini.

«In realtà sì» rispose September, un po’ stancamente.

«Da cosa?»

«Da essere umano.»

«Perché, normalmente cosa saresti?»

«Un terribile vampiro.»

Il ragazzo rise.

«Per favore, non mordermi sul collo…» disse, mostrando una gola molto bianca e dall’aspetto alquanto succulento.

«Non ti preoccupare, preferisco quelli femminili.»

«Oh, capisco…» rispose e, dopo qualche altro convenevole, se ne tornò al suo posto con le pive nel sacco.

«Birra…» disse il cantante, uno avanti con l’età per lavorare ancora in un locale del genere, o forse invecchiato precocemente dall’abbondante eye-liner.

«Cosa suonate?»

«Rock acrobatico.»

Risero.

«No, davvero.»

«Gothic rock.»

«Adatto alla serata» commentò September.

«Puoi dirlo.»

Cominciarono a indossare il loro pesante travestimento. La barista ufficiale, nel frattempo, era tornata dalla sua pausa sigaretta.

«Fra un po’ inizia il concerto. Possiamo riposarci un poco.»

«Ti piace il loro genere?» chiese September.

«No, ma mi sembrava adatto alla serata.»

«Tutti gli avventori dovrebbero essere in maschera. Dovevate metterlo come regola per l’ingresso.»

«Eh, ma tu sei giovane e utopista. Noi dobbiamo pure raggranellare qualcosa per pagare l’affitto.»

«Sì, capisco.»

Si poggiarono dietro il bancone, mentre la band finiva di travestirsi e imbracciava gli strumenti.

«Ti piace Halloween, vero?» chiese la barista.

«Certo, è di gran lunga la mia festa preferita. Intanto, è di origini irlandesi, come me. E poi trovo piacevole che uno, per una sera, possa diventare qualcosa che non è.»

«Come un essere umano, nel caso di un vampiro.»

«Esatto» disse September, che cominciò a ridere, ma si coprì la bocca con la mano, come fa a volte chi non ha bei denti.

«Alle tue sorelle non piace però.»

«Loro dicono che è la serata ideale per lavorare, ma non sono d’accordo.»

«Anch’io, se te lo devo confessare, sono un po’ come loro. Non vado matta per le feste importate dall’estero.»

«Sì, ma… pensaci su. Una notte di cambiamento e trasformazione. I vivi diventano come i defunti e i defunti, secondo la tradizione, girano liberamente per la terra. Soprattutto una notte in cui, per una volta all’anno, ma solo una volta, ci sentiamo in diritto di fare le cose al contrario. Però, dovrebbe essere solo una volta all’anno, altrimenti non ha senso.»

«Non so se capisco dove vuoi andare a parare…»

«Quel che voglio dire» disse September, sentendosi eccitata, rossa in volto, servendosi dell’altro vino «è che la vita dovrebbe essere speciale solo una volta all’anno. Adesso mi sembra che le persone vogliano che ogni giorno sia speciale. Che sia unico. Mi sembra come se ogni giorno sia Halloween, e nessuno più esca di casa senza travestimento. Ma se tutto diventa speciale…»

«Niente lo è. Capisco. Perciò intendi dire che indossiamo delle maschere ogni giorno?»

«Più o meno sì. Sono ubriaca, probabilmente dico sciocchezze.»

«No, c’è del vero in quello che dici. Però…»

«Sentiamo» disse September.

«Non pensi che le persone approfittino di queste feste per mostrare quel che sono realmente?»

Si guardarono intorno. Streghe, zombie, uomini lupo.

«Mostri?» chiese la ragazza, sorridendo e mostrando, a sua volta, un paio di canini molto aguzzi.

Partì la musica. La barista deglutì. September agitò il suo bicchiere vuoto.

«Altro sangue?»

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Domenico Santoro
Domenico Santorohttps://domenicosantoro.art.blog/
Nato nel 1986 a Ostuni, dove risiede, laureato in scienze politiche e filosofia, scrive narrativa e poesia. Ha pubblicato poesie e racconti su la Repubblica (ed. Bari), A4, Grado Zero, Risme, Il paradiso degli orchi, Spore, L’ircocervo, Quaerere, Bomarscé, Voce del Verbo. Nel 2021 ha pubblicato un romanzo (“Il posto delle cose”) con Placebook Publishing. Il suo sito personale è domenicosantoro.art.blog.
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