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Dicembre 14 2024

Impianto eolico galleggiante al largo di Brindisi, Legambiente: «Scelta opportuna per uscire dal fossile»

Per Ciafani, Ronzulli e Marinazzo servono “scelte coraggiose ma eseguite con uno scrupoloso studio di fattibilità e l’attenzione del ministero della Transizione Ecologica”

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L’annuncio della possibile costruzione al largo di Brindisi di un impianto eolico offshore autogalleggiante di 1200 MW composto da 100 aerogeneratori non ha colto di sorpresa Legambiente in quanto nelle scorse settimane i rappresentanti di Falck Renewables e Blu Float Energy avevano avviato una fase di presentazione e condivisione dell’idea progettuale. L’impianto potrà produrre 3.500 GW/anno e come sottolineato dai rappresentanti delle società ciò corrisponde al consumo di circa 1 milione di utenze domestiche italiane, evitando così l’emissione di 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

 

Che il territorio di Brindisi ed il mare Adriatico siano luoghi ideali per la produzione di energia elettrica da impianti eolici è risaputo, sin da quando 30 anni fa la storica società italiana Riva Calzoni propose la costruzione di un impianto eolico nell’area immediatamente a sud del petrolchimico, poi diventata tristemente famosa per la realizzazione della discarica Micorosa, ma problemi burocratici impedirono l’opera.

 

«È risaputo che Legambiente è sempre stata favorevole ad impianti offshore e ciò è dimostrato anche da quanto contenuto nel dossier ‘Un’altra Brindisi è possibile’ che rappresenta un punto essenziale delle proposte sull’asse Brindisi – Taranto nel PNRR dell’associazione. – dichiarano Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Ruggero Ronzulli, presidente regionale e Doretto Marinazzo, presidente del circolo di Brindisi – Se realmente vogliamo uscire dall’era fossile è fondamentale investire con coraggio nelle rinnovabili, ovviamente fatte bene e compatibili con l’ambiente e il territorio. Per questo è fondamentale che il Ministero della Transizione Ecologica adotti anche un Piano delle aree idonee, in cui disciplinare chiaramente questi nuovi impianti».

 

A Brindisi vi è un tessuto connettivo fatto di imprese (i cantieri Navali Napoletani, la Scandiuzzi e la Leucci) e di competenze tecniche qualificate (il Cetma ha in corso un progetto per il monitoraggio, l’efficientamento energetico e la rigenerazione di impianti offshore) e questo tessuto connettivo, oltre che nelle ricadute occupazionali, che le imprese forse ottimisticamente quantificano, a seconda delle fasi di lavorazione, fra 1.500 e 4.000 unità, è una ragione più che valida per confermare l’estremo interesse di Legambiente verso la scelta degli impianti eolici offshore nel mare Adriatico antistante Brindisi.

 

«Ci sono alcune condizioni irrinunciabili per sostenere questa scelta. – sottolineano Ciafani, Ronzulli e Marinazzo L’impianto, unitamente a quelli di produzione di energia elettrica ed idrogeno da moto ondoso, solare termodinamico e fotovoltaico (che potrebbe raggiungere i 300 MW in area SIN), deve essere alternativo rispetto alla centrale termoelettrica di Cerano. Quest’ultima, infatti, dovrebbe essere smantellata, sottoponendo l’area a bonifica e riqualificazione all’interno di un piano di investimenti che riguardi la componentistica e l’assemblaggio delle opere dello stesso impianto e la filiera dell’accumulo e dell’idrogeno connessa agli impianti da fonti rinnovabili a terra citati. La seconda condizione è che si realizzi uno scrupoloso studio di fattibilità che analizzi la portata possibile e sostenibile dall’ecosistema marino dell’impianto, il superamento delle criticità inerenti la navigazione e la conduzione a terra dell’energia prodotta attraversando le praterie di poseidonia e, a quel che risulta, il SIC mare antistante l’area attualmente occupata dalla centrale ENEL per connettersi all’elettrodotto. È essenziale ovviamente la fase di scoping prevista dalle imprese, da tradurre in una costruttiva consultazione sulla fattibilità del progetto, ben prima che si giunga a sottoporlo a procedura di valutazione di impatto ambientale presso il ministero della Transizione Ecologica».

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