Un’Italia più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare la Penisola da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione dell’Italia con il Next Generation EU. Ne è convinta Legambiente che presenta il suo PNRR, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa. Il documento in questione ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa, 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da realizzare – tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura – insieme a 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese e renderlo più moderno e sostenibile, dando il via a una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale. Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive quelle che a suo avviso sono le opere da realizzare e quelle da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.
«Il recovery plan di Legambiente punta a una green society – commenta Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – che innova i processi produttivi e dà risposte concrete alle gravi emergenze che stiamo vivendo. La transizione ecologica non può attendere oltre: occorre dare slancio a progetti attenti alle dinamiche ambientali, che mettano al centro la riqualificazione energetica, la gestione sostenibile delle risorse e il recupero e riuso dei materiali, promuovendo modelli produttivi basati su eco-innovazioni di processo e prodotto. Un piano nazionale di ripresa non può prescindere da eco-investimenti ad ampio raggio, per la riduzione dei gas climalteranti e la valorizzazione e il recupero dei vari ecosistemi, per un Paese realmente più pulito, vivibile, giusto e innovativo».
Ad ampio raggio i progetti da finanziare in Puglia, che abbracciano un rilancio dell’agricoltura di qualità e a basso impatto ambientale, l’innovazione industriale a Taranto e Brindisi, l’avvio di interventi di bonifica e la promozione di un turismo sostenibile.
A Taranto e Brindisi le parole chiave sono transizione energetica e riconversione industriale carbon free. È prioritario a Taranto il ridimensionamento della produzione con ciclo integrale a carbone (riduzione della potenzialità impiantistica da valutare in modo preventivo con la VIIAS (Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario), la realizzazione di un mix di tecnologie che prevedono il forno elettrico e l’uso dell’idrogeno verde per produrre acciaio in maniera realmente pulita. L’obiettivo è arrivare in pochi anni a una capacità produttiva relativa alla sezione impiantistica a idrogeno verde di almeno un milione di tonnellate all’anno, per riuscire a raggiungere la neutralità climatica entro il 2040. Inoltre, l’utilizzo del Fondo europeo per la giusta transizione (Just Transition Fund) deve essere finalizzato a creare per Taranto e Brindisi un distretto dell’innovazione industriale green. È necessario promuovere la trasformazione delle ASI in aree produttive ecologicamente attrezzate (APEA), qualificando i servizi nelle aree portuali e industriali (in primo luogo con elettrificazione da fonti rinnovabili), ripensando programmi e finanziamenti nei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) e nelle Zone Economiche Speciali (ZES) sulla base di criteri di sostenibilità e ad alto valore aggiunto.
Sul piano delle bonifiche da attuare, in Puglia i Siti di interesse nazionale (SIN) che necessitano e aspettano da decenni di essere bonificati ricadono nei territori di Bari, Brindisi, Manfredonia e Taranto. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente pubblicati a febbraio 2020, le aree a terra bonificate sono l’1% a Bari, il 6% a Brindisi, il 18% a Manfredonia e l’8% a Taranto. Quanto alle falde acquifere sono state bonificate il 15% a Bari, l’8% a Brindisi, il 7% a Taranto e nessuna a Manfredonia. Il quadro delle aree a mare, che costituiscono la maggioranza dell’estensione dei SIN pugliesi, ha esiti ancora peggiori rispetto alle aree a terra (il 75% circa a Manfredonia, il 60% a Taranto). Va accelerata la bonifica per chiudere definitivamente con l’eredità dell’inquinamento industriale, ripristinando la qualità delle acque e del suolo: si creerebbero posti di lavoro, specializzazione delle imprese locali e si renderebbero disponibili vaste aree per nuove attività economiche senza consumare altro suolo.
Per un’agricoltura di qualità e a basso impatto ambientale, occorre sostenere gli agricoltori nella sfida di tutelare gli ecosistemi naturali e la salute dei consumatori. Gli investimenti dovranno incentivare un’agroecologia basata su un ridotto utilizzo della chimica, sulla riduzione della plastica e dei consumi idrici e sullo sviluppo delle rinnovabili. Serve promuovere il riutilizzo di materiali riciclabili e contrastare l’uso dei fitofarmaci illegali, premiando le pratiche sostenibili e scoraggiando le colture intensive. Va incentivato inoltre lo sviluppo di foreste, favorendo il recupero di un paesaggio che ha subito pesanti ripercussioni causate dalla Xylella.
Il comparto turistico deve muovere in direzione della sostenibilità, una strada già intrapresa e da incentivare ulteriormente. Il turismo in Puglia potrebbe prevedere la messa in rete del patrimonio naturalistico, archeologico ed enogastronomico contenuto nei diversi parchi e sono una grande risorsa i cammini storici che attraversano la Puglia, quali l’Appia Antica, l’Appia Traiana e la Traiano Calabra, lungo i quali sono presenti aree archeologiche di particolare rilevanza, insediamenti rupestri, masserie e paesaggi agrari.
Tra le opere da non finanziare o non realizzare si annovera il progetto di riconversione a gas della centrale a carbone di Brindisi che sarà chiusa entro il 2025. La produzione di energia da fonte fossile, qual è il gas, non serve né alla transizione energetica né alla sicurezza della rete ed occuperebbe appena 50 o 70 lavoratori.