Il Tribunale di Bari ha disposto il sequestro preventivo della sede barese di Casapound, al termine di una lunga indagine coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi.
Le indagini sono scaturite dall’aggressione ad alcuni partecipanti ad una manifestazione “Mai con Salvini” da parte di alcuni militanti di Casapound avvenuta a Bari lo scorso 21 settembre. In quell’occasione un gruppo di manifestanti, a fine manifestazione, fu aggredito da alcuni rappresentanti di Casapound nel quartiere Libertà, che si servirono di cinghie, manganelli e tirapugni in acciaio.
Ventotto le persone indagate dalla Procura di Bari che contesta loro di aver partecipato a riunioni pubbliche “compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista e di aver attuato il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica”. I ventotto dovranno rispondere dell’accusa di “riorganizzazione del partito fascista” e di “manifestazione fascista”.
La Procura, smentendo la versione data da Casapound subito dopo l’aggressione, che parlava di una legittima difesa, sostiene che invece quell’aggressione fu premeditata e che i militanti del partito di estrema destra si fossero dati appuntamento per “affrontare i ragazzi dei centri sociali”.
Determinati per la Digos, che ha condotto le indagini insieme alla Procura di Bari, sono state le immagini riprese dalle telecamere di video sorveglianza presenti nella zona dell’aggressione, che hanno permesso di individuare i dieci militanti responsabili materialmente dell’aggressione.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti la sera del 21 settembre, dieci militanti di Casapound si sarebbero dati appuntamento dinanzi alla sede del partito ubicata in via Eritrea, “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso giustificato dalla ideologia fascista”, muniti di “sfollagente, manubri da palestra, manganello telescopico, cintura dei pantaloni” causando, con l’aggravante della premeditazione, lesioni ad almeno quattro manifestanti.
Sette partecipanti alla manifestazione sono invece indagati per violenza e minaccia a pubblico ufficiale nei momenti immediatamente successivi all’aggressione.