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Aprile 19 2024

Rolex falsi, chiusa l’indagine su “Lo Scrigno”: nove gli indagati a processo

Oltre al pregiudicato tarantino Egidio Stevens Saracino e a Giuseppe Pannofino, proprietario de Lo Scrigno, sono finiti nel mirino della magistratura altri sette gioiellieri pugliesi, accusati di aver consapevolmente acquistato degli orologi falsi

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Sale a nove il numero degli indagati che andranno a processo per aver commercializzato Rolex e Omega contraffatti. Ai sei indagati dell’aprile 2018, se ne aggiungono altri tre e ciascuno di loro risponderà, a vario titolo, dei reati di riciclaggio, auto riciclaggio e ricettazione.

Denominata “operazione Frankenstein”, la serie di indagini condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Brindisi a carico della gioielleria Lo Scrigno di Ostuni, è stata chiusa con il provvedimento firmato dal Pm Raffaele Casto.

Oltre al pregiudicato tarantino Egidio Stevens Saracino e a Giuseppe Pannofino, proprietario de Lo Scrigno, sono finiti nel mirino della magistratura altri sette gioiellieri pugliesi, accusati di aver consapevolmente acquistato degli orologi falsi.

L’indagine delle fiamme gialle, partita a seguito di una verifica fiscale sulla gioielleria ostunese, punta a dimostrare che i Rolex e gli Omega di secondo polso venduti da Pannofino erano in realtà dei «frankenstein», assemblati con pezzi in parte originali e in parte contraffatti, ma venduti come autentici. All’esame dei periti condotta su circa cinquanta orologi, sono emersi elementi incontrovertibili: numeri di serie inesistenti, certificati di garanzia falsificati e pezzi «made in Napoli».

Stando alle indagini, i Rolex contraffatti sono finiti in diverse gioiellerie pugliesi. Di queste, alcune hanno restituito gli orologi a Pannofino, una volta appurato l’inganno, altre invece hanno a loro volta venduto gli orologi a colleghi o clienti.

Secondo l’accusa Saracino commissionava la realizzazione degli orologi nel napoletano, che venivano consegnati poi a Pannofino. Il gioielliere ostunese, finito ai domiciliari a gennaio scorso, è tornato in libertà in estate con un provvedimento del gip, poi impugnato dalla Procura e annullato a settembre.

Tra i reati contestati agli indagati non compare l’accusa di contraffazione. Nonostante gli orologi fossero assemblati con meccanismi e componenti taroccati, per poi essere rivenduti a svariate migliaia di euro, la Procura non può procedere in quanto nessun acquirente ha mai denunciato i venditori.

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