Sarà Umberto Galimberti, filosofo e scrittore, il terzo ospite di “Un’emozione chiamata libro”, la rassegna letteraria che si svolge a Ostuni, giunta quest’anno alla sua XXIII edizione.
“Un’emozione chiamata libro” è la kermesse culturale organizzata dal Comune di Ostuni-Settore Cultura e Turismo, in collaborazione con il Forum della Società Civile, il Presidio del Libro di Ostuni, il Liceo Classico “Antonio Calamo” e La Bottega del Libro.
Dopo gli appuntamenti con Giulio Casale e Massimo Donà, sarà uno dei pensatori italiani più interessanti e apprezzati a presentare sabato 13 luglio, alle ore 20.30 nel Chiostro di Palazzo San Francesco, il suo ultimo saggio “La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo”.
Il saggio di Umberto Galimberti, “La parola ai giovani” rappresenta la prosecuzione ideale delle riflessioni raccolte nel libro “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”, pubblicato nel 2007, in cui il filosofo parla di rassegnazione e della ricerca di un senso del vivere.
Un senso che potrebbe riemergere se solo ci si prendesse lo spazio dell’ascolto, dedicando tempo e attenzione ai ragazzi, perché dal silenzio la loro voce torni a emergere.
“La parola ai giovani” raccoglie alcune lettere che Umberto Galimberti ha ricevuto negli ultimi anni nella sua rubrica ospitata dall’inserto “D” di “Repubblica”, in cui è raccolta la voce di un’intera generazione che ha un gran bisogno di essere ascoltata, per poter dire quelle cose che spesso vengono taciute ai genitori e agli insegnanti.
I giovani autori delle lettere scelgono di affidare la loro voce a Galimberti, un ascoltatore lontano che dialoga con loro non per risolverne i problemi, ma per offrire un altro punto di vista che faccia apparire le loro preoccupazione meno drammatiche e insolubili.
«Quando ho incontrato molti giovani– afferma Galimberti- durante il lavoro sul libro di cui sono protagonisti, una delle cose che mi ha colpito di più era una risposta ricorrente alla domanda: “Perché non parlate con i vostri genitori e certe cose invece a me le dite?”. Una frase severa ma giusta. “Sappiamo già quello che ci possono dire, quindi non parliamo più con loro”.
I genitori non se ne rendono conto, ma questa è la prima generazione della storia in cui l’esperienza dei padri e delle madri non è più sufficiente.La sola possibilità di incontrarsi è mettersi in ascolto, quando e se i ragazzi aprono una finestra con gli adulti.È fondamentale che i ragazzi percepiscano la curiosità dell’adulto e che questa sia davvero genuina. Ma mi chiedo: i genitori sono capaci di ammettere la loro ignoranza del mondo dei figli e di essere disposti a conoscere il loro universo senza preconcetti? ».