Una docente ostunese in servizio presso una scuola secondaria di primo grado, scrive in Redazione con la richiesta di rendere pubbliche alcune sue riflessioni circa la decisione presa dal governo, su indirizzo del ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, di escludere la riapertura delle scuole durante la Fase 2. Nessun alunno tornerà in classe prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. Sulla questione il mondo della scuola è diviso tra chi concorda, e chi invece, come la docente ostunese, assolutamente dissente.
«A causa dell’emergenza Coronavirus – scrive l’insegnante – la scuola ha dovuto trasformare il suo mandato: quello di educare e formare innanzitutto attraverso la relazione personale e di gruppo, di cui ingrediente fondamentale è la cattura dello sguardo e dell’emozione, attraverso un percorso che passa in buona parte per la corporeità e finisce nel pensiero. Questo circuito con la didattica a distanza, con cui la scuola si è dovuta reinventare, è stato capovolto o addirittura calpestato, fingendo che tutto vada bene o forse meglio. Per niente! La didattica a distanza sta soffocando la matrice dell’insegnamento. Gli insegnanti non possono continuare a rimanere a casa anche dopo il 4 maggio! Devono rientrare nel circolo produttivo. Sì, perché la scuola produce menti pensanti e critiche, non attraverso una fredda maestranza digitale, che di vero ha solo polpastrelli pulsanti su di un’inerte tastiera, ma attraverso quel “gioco” emozionale che passa per gesti, cuore, occhi.
La scuola deve ricominciare e può farlo attivando le stesse buone pratiche di distanziamento sociale che si vogliono attuare in tutti gli altri ambiti. In ogni Istituto scolastico – continua la docente – ci sono tante aule, spesso anche in disuso… Allora investiamo in collaboratori che rimettano in sesto quelle aule o addirittura quegli spazi esterni immersi nel verde di cui, anche di questi, quasi ogni Istituto ne è dotato (ora arriva anche la bella stagione!) e fateci riappropriare del nostro diritto sacrosanto, quello cantato nella Costituzione, e che ogni insegnante e alunno non vede l’ora di far risorgere.
Vogliamo tornare a scuola, perché la scuola è in grado, nonostante l’affossamento a cui è stata sottoposta negli anni, a riaccoglierci, tenendo a bada il mostro infettivo. D’altronde meglio a scuola che soli a casa mentre tutti tornano alle loro postazioni (genitori inclusi), dove sussisterebbero gli stessi rischi che porteremmo a casa! Eviteremmo però un “assembramento” da depressione che tanti ragazzi, lasciati ancora di più a se stessi, combatterebbero con un ancora più nocivo defaticamento fisico e mentale, perché privati anche della sorveglianza genitoriale. Tanti in età preadolescenziale e adolescenziale, infatti, non sono in grado di autogestirsi in maniera salutare con la virtualità e il digitale. Per non parlare della prima e seconda infanzia. Ai politici l’ardua sentenza – conclude l’insegnante – che tanto ardua non sarebbe rispetto ai milioni di euro che si vogliono investire in PC, tablet e connessioni. Solo uno sforzo organizzativo, di braccia e teste, da chiedere agli Istituti scolastici per vedere rivivere le realtà scolastiche e con esse le emozioni belle, quelle che la schermata non fa avvertire».