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Ottobre 19 2024

La ludopatia: il gioco d’azzardo può essere una malattia

Tra i maggiori campanelli d’allarme, il desiderio smodato di giocare, che fa dimenticare tutto il resto: famiglia, amici, partner, carriera, hobby

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Il gioco, in alcuni casi, può smettere di essere tale e diventare una vera e propria malattia. È quello che succede alle persone colpite dalla cosiddetta ludopatia: il gioco d’azzardo patologico, che è stato inserito anche nel DSM-5 con i relativi sintomi.

In altri termini, capita che il gioco sfoci nella dipendenza. Quando si verifica una simile situazione, la cosa migliore è chiedere aiuto in un centro specializzato come il San Nicola in provincia di Ancona. Una struttura dedita proprio al trattamento delle dipendenze, con il meccanismo della residenza breve seguita da un periodo di controlli regolari per evitare ricadute.

Esistono varie forme di dipendenza: di solito pensiamo automaticamente a quella da droghe, o da alcool, ma anche attività come il poker e l’utilizzo delle slot-machines sono a rischio. Si inizia per divertirsi, ma alla fine non si riesce a fare a meno del gioco – nel quale si cerca una ricompensa. Se si perde, si gioca di nuovo per ottenere un risultato diverso; se si vince, si gioca di nuovo per provare lo stesso piacere.

È come un tunnel, dal quale è sempre più difficile uscire. L’equipe del Centro San Nicola elabora percorsi terapeutici differenti a seconda del soggetto, in virtù delle sue competenze e della sua esperienza nel settore.

Gioco d’azzardo patologico e craving

Alcuni credono che il termine craving vada associato solo alla dipendenza da sostanze psicotrope, ma non è così. Anche la ludopatia è strettamente connessa a questo bisogno intenso e irrefrenabile.

Numerosi studi hanno dimostrato che ci sono più tipi di craving. C’è quello da sollievo, volto a limitare lo stress e la tensione che precede il gioco, e quello da ricompensa, legato alla gratificazione. C’è anche il craving ossessivo, quello che nasce nel momento in cui dal gioco si passa all’ossessione, con tanto di pensieri intrusivi.

Già questo fa capire perché il gioco d’azzardo sia un disturbo a tutti gli effetti. Il craving condiziona in negativo tutti gli ambiti della vita, le relazioni private, il lavoro, il tempo libero. La mente è interamente concentrata sul gioco: non di rado si trascurano persino le classiche operazioni quotidiane, come lavarsi e mangiare, pur di non perdere minuti preziosi da dedicare al gioco.

Quali sono i sintomi del gioco d’azzardo patologico?

La ludopatia si presenta con una serie di sintomi, annoverati nel suddetto DSM-5. Per la precisione, per la diagnosi è necessario individuare in 12 mesi almeno quattro delle avvisaglie elencate nel Manuale.

Tra i maggiori campanelli d’allarme ricordiamo, appunto, il desiderio smodato di giocare, che fa dimenticare tutto il resto: famiglia, amici, partner, carriera, hobby ecc. Un altro segnale è il nervosismo che coglie quando si smette di giocare.

Ci sono ludopatici che mentono per nascondere la loro abitudine, e altri che si rifugiano nel gioco in circostanze complicate – una delusione, un lutto e così via. È molto frequente la richiesta continua di prestiti di denaro, per tamponare le perdite subite nel corso del gioco.

Chi soffre di questa malattia ha un rapporto compulsivo con il gioco d’azzardo patologico, e impiega i propri sforzi nella pianificazione della prossima partita. Anche se finisce senza soldi, torna comunque a giocare nella speranza di ribaltare le sorti. Questi indizi non vanno mai sottovalutati: la ludopatia è una problematica seria, da affrontare con il supporto di esperti in campo psicologico.

Ludopatici e tipologie

Non tutti lo sanno, ma ci sono diversi tipi di giocatori d’azzardo:

  • professionisti, che trasformano il gioco in un lavoro;
  • compulsivi, che non hanno alcun controllo;
  • sociali occasionali, che vedono il gioco come un’occasione sociale;
  • gli antisociali, che sfruttano il gioco per guadagnare illegalmente;
  • coloro che giocano per fuga, per allontanare lo stress, per distrarsi dalla solitudine e dall’angoscia.

In più, spesso la ludopatia è legata ad altre patologie pregresse o che si sviluppano proprio a causa del gioco. I ludopatici possono essere depressiansiosi, o in balia di un autentico stato psicotico. È per questo che una buona terapia non può prescindere da un trattamento psicologico ad hoc.

La terapia cognitivo-comportamentale per la cura della ludopatia

Centri come quello che abbiamo nominato prima, il San Nicola, si servono della terapia cognitivo-comportamentale per la cura della dipendenza dal gioco d’azzardo.

Le sedute preliminari, quasi sempre, sono incentrate sulla cosiddetta analisi funzionale: si esaminano, cioè, i fattori che scatenano il comportamento e le conseguenze dello stesso. Per ogni fattore si ipotizzano delle soluzioni, per esempio la ricerca di un nuovo passatempo contro la noia eccessiva.

Il secondo step è l’analisi dei pensieri disfunzionali e delle distorsioni a livello cognitivo. Si procede, poi, con il monitoraggio del craving (anche con l’ausilio di un diario) e con una riflessione sulle capacità di coping – ossia di gestione dello stress. Come già detto, si viene seguiti anche dopo per scongiurare eventuali ricadute.

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