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Ostuni
Ottobre 18 2024

Il raggio verde

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«Secondo me, tu hai bisogno di vedere il raggio verde.»

«Cosa?»

«Non mi dire che non sai nulla di lui!»

Il ragazzo si divertì al pensiero che stava per raccontare la storia. Si rigirò sulla sedia. Arrotolò la sigaretta e prese un altro sorso di birra.

«Non capisco di che parli…» rispose Sofia, sentendosi confusa. L’intera situazione la confondeva. Il caldo, la folla, i turisti in cerca di posti a sedere nella piazza del paese. E poi, quella conversazione, con quel ragazzo, amico di amici, chiaramente più colto di lei.

«È un fenomeno atmosferico. Se sei nel posto giusto, in una giornata di chiarore, al momento del tramonto, quando il sole si abbassa completamente sulla linea dell’orizzonte è possibile vedere il raggio verde.»

«Non lo sapevo. Perché, secondo te, dovrei vederlo?»

«Intanto perché è bellissimo. E poi, secondo una leggenda, ripresa anche dello scrittore Jules Verne e dal regista di cinema Eric Rohmer, chi vede il raggio verde prova un’istantanea pace interiore e fa chiarezza nella confusione dei propri sentimenti» concluse il ragazzo, contento d’aver dato quella preziosa informazione a Sofia.

«Tu mi vedi confusa?»

«Scusami, ma continui a cambiare idea su tutto, anche quando parli. Prima dici che vorresti studiare giurisprudenza, poi che vuoi fare l’artista, poi che pensi di andare subito a lavorare. Inoltre mi continui a parlare di questo Paolo, che non si capisce se ami o meno. Hai chiaramente bisogno di vedere il raggio verde. Ti ho diagnosticata, sono molto fiero di me» concluse, accendendosi la sigaretta.

«Il raggio verde. Dove posso vederlo?»

«Bella domanda.»

«Tu l’hai mai visto?»

«Sì.»

«Dove?»

«In Scozia.»

«Ha funzionato?»

«Faccio un lavoro che amo e mi sposo a dicembre.»

«Perché hai visto il raggio verde?»

«Forse» rispose, sornione.

Intanto, l’amico in comune rientrò dal bagno, ma non riusciva a seguire la conversazione.

«Secondo te a Ostuni si può vedere?»

«Può essere. Però ti devi impegnare.»

«Lo farò» disse Sofia, sorridendo, insicura, afferrando il bicchiere gelido di birra.

«Di che parlavate?» chiese il ragazzo che veniva dal bagno.»

«Nulla di che. Cinema. Libri. Cose così» disse il ragazzo colto, godendosi il suo tubicino di tabacco e la compagnia degli amici.

 

Il giorno dopo, Sofia si svegliò convinta delle sue scelte. Avrebbe studiato giurisprudenza (la via più difficile, ma anche quella più sicura), avrebbe detto a Paolo che non lo amava e avrebbe anche cominciato una dieta, perché le sembrava d’aver preso qualcosa sui fianchi.

A colazione mangiò otto Nutella Biscuits e cominciò a navigare sul sito di un istituto che insegnava a diventare disegnatrice di moda. Poi scrisse a Paolo se gli andasse di vedersi e andò a sprofondare nel divano per leggere un libro di Italo Calvino. Si era ripromessa di farsi una cultura letteraria durante quelle vacanze. Dopo tre pagine, accese la tv su una soap opera del mattino.

Si sentì avvilita. Si sentì come sua madre. Decise di spegnere la tv. Cercò su internet “il raggio verde.” Non era certa che quel ragazzo non la prendesse in giro, ne sembrava capace. A quanto pareva, però, era tutto vero. Il raggio verde. Quando il sole si abbassa sull’orizzonte, prima di sparire, diffonde un raggio che si può vedere nelle giornate più chiare.

Mancavano ancora parecchie ore al tramonto, però. Alla fine, decise di fare la brava, e s’immerse nel libro di Calvino. La madre rientrò con la spesa.

«Che fai?»

«Leggo.»

«Hai mandato i moduli in università?»

«Mamma, siamo nel 2021. Si fa tutto su internet.»

«L’hai fatto?»

«Dopo vedo Paolo.»

«Quel ragazzo non mi piace.»

«A te non piace nessuno.»

«Claudio mi piaceva.»

«Aveva la erre moscia e se la tirava.»

«Suo padre ha una bella posizione.»

«E quindi dovrei uscire con lui perché sono una cercatrice d’oro?»

«Quando sarai più grande capirai…» disse la donna, riempendo il frigo. Quel discorso irritò Sofia oltremodo. I grandi pensano d’aver capito tutto, ma in realtà non fanno che perpetuare gli stessi errori, impedendo alle società di progredire. Così, almeno, pensava Sofia.

Lei era diversa. Sarebbe diventata un’artista. Avrebbe trovato un ragazzo giusto per lei, non uno di paese per accontentarsi. Avrebbe visto il raggio verde. Uscì di casa perché non voleva stare con la madre, ma anche perché Paolo si era fatto sentire, si vedevano al solito bar.

«Dobbiamo vedere il raggio verde…» disse stancamente la ragazza, cercando un disinfettante dalla borsa. La cameriera prese l’ordine.

«Non mi piace la fantascienza.»

«Non è un film. È una cosa. Sì, insomma, un fenomeno atmosferico. Pare sia uno degli spettacoli più belli della natura.»

«Più bello di te?»

Sofia sorrise. Anche dopo otto biscotti alla Nutella, faceva ancora il suo dovere.

«Sei uno stupido…» disse, intrecciando la mano con quella di Paolo, sul tavolino del bar. Presto tutto divenne confuso, come al solito. Tante chiacchiere, quel piccolo momento di romanticismo che era risucchiato da necessità (devo lasciare la macchina al lavaggio, il cibo al cane) e gossip (hai visto che capelli Sara, ma è vero che quei due sono insieme…)

«Cos’hai?» chiese Paolo.

«Cosa.»

«Ti vedo confusa.»

«Lo sono. Succedono tante cose. Nel mondo e nella mia vita. La realtà mi confonde, non so che pensare.»

«È così per tutti. Nessuno riesce a comprendere fino in fondo.»

«Non vuoi che andiamo a vedere il tramonto?»

Il ragazzo storse il muso. Le aveva detto da tempo che quel sabato aveva l’asta del fantacalcio, quanto quel momento fosse importante per lui e come fosse salutare, in una coppia, che ognuno avesse i suoi spazi.

«Ho capito. Non ti va.»

«No, mi va. Mi va. Solo che il tramonto c’è ogni giorno, ma il fantacalcio…»

«Solo oggi» rispose Sofia. «Certo. Ragionevole.»

Ma l’amore non dovrebbe essere irragionevole? Non avrebbe dovuto rinunciare alla sua (stupida) asta per inseguire con lei un vago sogno?

«Ti lascio a casa.»

«Okay.»

«Sei arrabbiata.»

«No.»

«Dammi un bacio.»

Prima di entrare in casa, cercò sul cellulare: “A che ora tramonta il sole oggi.” Diciotto e trenta.

Erano ancora le diciotto. I suoi genitori avevano preso le automobili. Pensò a come fare. Decise di crescere. Andò a un tabacchi di viale Pola per acquistare il biglietto del bus che portava a Villanova, il porto di Ostuni.

«Mascherina…» la corresse subito l’autista.

«Scusi.»

La indossò. Si sedette in fondo, senza pensare a nulla, sballottata dall’autobus semi-deserto.

Aveva fatto qualcosa di avventato. Era l’ultimo bus per la marina, non ce n’erano al ritorno. Avrebbe dovuto chiedere al padre di andare a prenderla. Si sarebbe arrabbiato con lei. Le avrebbe chiesto come le fosse venuto in mente. Paolo non sarebbe accorso romanticamente in suo aiuto, perché aveva l’asta del fantacalcio.

Una volta a Villanova, si sedette alla banchina del porto e attese.

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Domenico Santoro
Domenico Santorohttps://domenicosantoro.art.blog/
Nato nel 1986 a Ostuni, dove risiede, laureato in scienze politiche e filosofia, scrive narrativa e poesia. Ha pubblicato poesie e racconti su la Repubblica (ed. Bari), A4, Grado Zero, Risme, Il paradiso degli orchi, Spore, L’ircocervo, Quaerere, Bomarscé, Voce del Verbo. Nel 2021 ha pubblicato un romanzo (“Il posto delle cose”) con Placebook Publishing. Il suo sito personale è domenicosantoro.art.blog.
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